No Less Worthy: Recommendations for Behavior Analysts Treating Adults with Intellectual and Developmental Disabilities with Dignity

Dennis H. Reid [1] & Mary Rosswurm[2] & David A. Rotholz[3]

Behavior Analysis in Practice (2018) 11:71–79

Articolo originale: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5843575/

In questo articolo l’autore offre raccomandazioni ad analisti del comportamento su come trattare con dignità adulti con disabilità intellettiva. Il focus è su come parlare e comportarsi in modi che riflettano la dignità dell’altro.

Essere trattati con dignità è considerato un aspetto fondamentale della qualità della vita (Rotholz, 2009), una caratteristica definente degli approcci basati sul positive behavior support (Kincaid et al. 2016) ed è un’aspettativa etica e professionale del BACB (2016).

Rispetto delle disabilità mentali

Il modo in cui un’analista del comportamento interagisce con il cliente influenza anche la percezione che altri hanno del campo dell’analisi del comportamento e dei servizi su essa basati. Percezioni negative del nostro campo possono diminuire il numero di persone che sceglieranno di utilizzare trattamenti basati sull’analisi del comportamento con le persone di cui si prendono cura.

È difficile anche per un’analista del comportamento definire la dignità. Per la presente discussione, il trattare una persona con dignità avviene quando l’altro è trattato come persona di valore, stimata, rispettata ed è trattata eticamente.

Molte delle raccomandazioni presenti in questo lavoro sono applicabili anche a popolazioni di bambini.

Le raccomandazioni sono presentate in due macro-categorie: come parliamo e come ci comportiamo in quanto analisti del comportamento.

Categoria I (come parliamo)

  1. Come parlare delle persone con disabilità intellettiva:
    • Riferirsi alla disabilità di una persona in modo non dignitoso può influenzare negativamente la percezione che la persona ha di sé (Friedman, 2016), portare a stigmatizzazione delle persone con disabilità (Tasse, 2013), ridurre la probabilità che altri vogliano interagire con la persona con disabilità (Friedman, 2016) e in generale svalutare per persone con disabilità (Albert et al. 2016)
    • Si suggerisce quindi di utilizzare termini politicamente corretti e che sono considerati dignitosi dal cliente e dai suoi familiari. Alcuni termini usati oggi possono diventare desueti o essere sostituiti con altri, qualora considerati poco dignitosi a loro volta (es. il termine ritardo mentale è stato sostituito con disabilità intellettiva e, a sua volta, il termine disabilità intellettiva potrebbe essere superato nel futuro)
    • Le persone con disabilità: ci si riferisce a loro con termini quali consumer, client, patient etc… A questo riguardo si suggerisce di utilizzare il termine più appropriato al contesto culturale in cui si opera.
    • Linea guida generale: aderire al principio del people-first language. Questo principio pone enfasi su lavorare con le persone con disabilità, non con i disabili, con le persone con autismo, non con gli autistici etc…
  1. Evitare di parlare delle persone con disabilità in loro presenza
    • Parlare delle persone con disabilità in loro presenza è vista come una pratica non dignitosa
    • È in generale considerato scortese parlare di una persona in sua presenza senza coinvolgerla nella conversazione
  2. Riferirsi alle persone come persone e non etichettarle sulla base delle loro caratteristiche
    • Si suggerisce di evitare di etichettare persone sulla base dei loro comportamenti (es. non chiamare head hitter lo studente che mostra comportamenti autolesionistici).
    • Questo può sicuramente riflettersi negativamente sulla persona, stigmatizzandola e pregiudicando le sue possibilità di inclusione sociale, soprattutto quando tali etichette sono date sulla base di comportamenti maladattivi
  3. Evitare il termine “basso funzionamento”
    • È sconsigliato l’uso di tale termine, da sostituire con altre formule sulla base del contesto culturale in cui si opera e del significato che si intende veicolare (es. persona con un ristretto repertorio verbale)
  4. Parlare delle persone in accordo alla loro età
    • uso del nome proprio o del cognome?
    • Vale il principio di reciprocità sociale: se l’analista del comportamento viene chiamato con il proprio nome, può essere adeguato chiamare l’adulto con disabilità con il suo nome proprio. Se invece l’analista è chiamato con il suo titolo e il suo cognome, è giusto chiamare il cliente con il suo titolo e il suo cognome (es. Sig. Rossi)

Categoria II (cosa facciamo)

  1. Camminare al fianco della persona
    1. Si suggerisce di camminare al fianco della persona anziché davanti ad essa. L’immagine che diamo quando camminiamo davanti ad una persona è che questa ci stia seguendo con obbedienza e passività.
  2. Se la persona usa una carrozzina, per quanto possibile spingerla dal fianco anziché da dietro
    1. Essere al fianco di una persona in carrozzina può mettere quest’ultima in condizioni più favorevoli per interagire con l’operatore. Al contrario è difficile e poco naturale interagire con una persona se questa è alle nostre spalle.
  3. Quando ci si sposta in un furgoncino, viaggiare insieme
    1. Per quanto possibile gli operatori e gli utenti dovrebbero sedere insieme, piuttosto che creare due zone con gli operatori davanti e gli utenti segregati in fondo.
  4. Nei luoghi pubblici operatori ed utenti dovrebbero sedere insieme
    1. in un ristorante, evitare di creare due tavoli o due zone dello stesso tavolo in cui sono raggruppati operatori VS utenti
  5. Evitare di mangiare e bere quando l’utente non ha possibilità di farlo
    1. L’operatore dovrebbe mangiare e bere quando è concesso anche all’utente.
  6. Assicurare un aspetto dignitoso
    1. Quando la persona con disabilità mostra un’igiene o abbigliamento potenzialmente lesivi per la sua dignità, l’operatore intraprende immediate azioni per rimediare.

Per concludere, condividiamo che la “regola aurea” sia un’utile linea guida. In breve, tratta gli altri nel modo in cui vorresti essere trattato.

1. Carolina Behavior Analysis and Support Center, P.O. Box 425, Morganton, NC 28680, USA
2. Little Star Center, Carmel, Indiana, USA
3. Center for Disability Resources (UCEDD), University of South Carolina School of Medicine, Columbia, SC, USA

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Scritto da: Dr. Alessandro Dibari (BCBA®)

Dott. Alessandro Dibari (BCBA®)

Il Dott. Alessandro Dibari è Psicologo ed Analista del Comportamento con certificazione BCBA dal 2011. Collabora con l’Associazione ALBA Onlus di Pescara seguendo come Supervisore i programmi di intervento ABA per bambini, adolescenti e giovani adulti con Disturbo dello Spettro Autistico ed altre disabilità. È Direttore Clinico del servizio riabilitativo domiciliare erogato dall’associazione Alba Onlus per le province di Chieti, L’Aquila e Pescara. Con l’Associazione ALBA è relatore in corsi di formazione rivolti a Docenti, Professionisti e Genitori ed ha collaborato all’organizzazione di seminari e workshop formativi tenuti da relatori internazionali in Abruzzo. È docente presso diversi Master ABA in Italia. Ha presentato ricerche e contributi in convegni nazionali e internazionali. I suoi principali campi di interesse sono l’Analisi del Comportamento Verbale e l’insegnamento di abilità funzionali.