INSEGNARE ABILITA’ SULLA SICUREZZA PERSONALE A STUDENTI CON AUTISMO

Nonostante la partecipazione indipendente nella comunità sia un obiettivo fondamentale per ogni studente con autismo e per le rispettive famiglie, spesso questa indipendenza è minata dalla mancata acquisizione di risposte sulla sicurezza (Safety skills).

INSEGNARE ABILITA’ SULLA SICUREZZA PERSONALE A STUDENTI CON AUTISMO

Nonostante la partecipazione indipendente nella comunità sia un obiettivo fondamentale per ogni studente con autismo e per le rispettive famiglie, spesso questa indipendenza è minata dalla mancata acquisizione di risposte sulla sicurezza (Safety skills).

In letteratura esistono specifiche strategie raccomandate per l’insegnamento di tali abilità come l’utilizzo di regole o istruzioni, simulazioni in ambienti controllati e in ambiente naturale (role playing e in vito training) e l’utilizzo di esemplari multipli per favorire la generalizzazione (Taber et al. 2002).

Alcuni studi hanno indagato procedure per l’insegnamento del comportamento di chiedere aiuto quando persi nella comunità di appartenenza.

Taylor et al. (2004) hanno insegnato a 3 adolescenti con diagnosi di spettro autistico e un significativo ritardo nello sviluppo del linguaggio a chiedere aiuto e assistenza in risposta alla vibrazione prodotta da un dispositivo tascabile (pager), attivata quando fisicamente distanti dalle proprie figure di riferimento.

Trattandosi di studenti non vocali la comunicazione è stata insegnata attraverso la consegna di una carta comunicativa.

La variabile dipendente è stata la percentuale di risposte corrette in risposta alla vibrazione del pager. Una risposta è stata considerata corretta se lo studente, dopo la vibrazione, ha approcciato un adulto mostrando la carta comunicativa ed ha aspettato fino al ricongiungimento con la figura di riferimento.

Nella condizione di baseline un adulto ha accompagnato lo studente in uno dei setting utilizzati per lo studio, direttamente all’interno della propria comunità (es. nel supermercato) facendo indossare il pager allo studente e consegnandogli una carta necessaria per comunicare la risposta di aiuto. Durante questa condizione l’adulto è uscito dal campo visivo dello studente senza attivare il pager, mentre un altro adulto non conosciuto dallo studente ha continuato ad osservarne il comportamento.

Durante la fase iniziale del training gli autori hanno insegnato agli studenti a consegnare la carta comunicativa ad un adulto familiare in risposta alla vibrazione del pager. Successivamente l’insegnamento si è spostato all’interno della comunità di riferimento. Durante queste sessioni, organizzate come in baseline, l’adulto ha attivato il pager dopo essersi allontanato. In caso di mancata risposta da parte dello studente dopo 30 secondi dalla vibrazione del pager l’adulto ha approcciato lo studente e fornito prompt per mostrare le risposte corrette.

Tutti e 3 gli studenti hanno acquisito il comportamento target, generalizzandolo in luoghi non inseriti nell’intervento e con i rispettivi genitori.

Bergstrom et al. (2012) hanno utilizzato regole, role playing e feedback direttamente in ambiente naturale per insegnare a 3 ragazzi con autismo a richiedere aiuto o assistenza ad impiegati dei negozi quando hanno perso di vista le proprie figure di riferimento.

Durante lo studio sono stati raccolti dati sulle risposte di: chiamare l’adulto di riferimento ad alta voce, approcciare e restare vicino ad un impiegato di un negozio e informarlo del fatto di essersi perso.

Durante la condizione di baseline l’adulto di riferimento ha lasciato il campo visivo dello studente mentre un secondo adulto non conosciuto ha continuato ad osservarlo. Nessun feedback è stato dato per risposte corrette o scorrette. Durante l’insegnamento, prima di iniziare un nuovo trial e direttamente all’interno del luogo scelto (es. nel supermercato) l’adulto ha utilizzato una regola su cosa fare in caso lo studente dovesse perdersi, seguito da una simulazione durante la quale l’adulto ha lasciato il campo visivo dello studente ed un secondo terapista ha presentato domande tipo “non c’è più la mamma, cosa dobbiamo fare adesso?” utilizzando una procedura di least to most prompting per insegnare la risposta corretta. Il terapista ha utilizzato feedback positivi al completamento della risposta target. Tutti e tre gli studenti hanno mostrato risposte corrette nella fase di post-training, organizzate come in baseline ma in ambienti non precedentemente inseriti nel trattamento.

Taber et al. (2002) hanno insegnato a richiedere assistenza a 14 studenti con moderate disabilità cognitive utilizzando un telefono cellulare dopo aver perso di vista le proprie figure di riferimento. Gli autori hanno inizialmente utilizzato una procedura di least to most prompting e total task presentation (presentazione totale del compito) per insegnare agli studenti ad utilizzare il telefono per chiamare uno specifico numero e chiedere aiuto durante role playing organizzati all’interno della scuola. Durante la seconda fase dell’intervento sono state organizzate sessioni in ambienti esterni conosciuti dagli studenti. Durante queste sessioni l’adulto ha ricordato la regola su cosa fare nel caso in cui fosse perso di vista l’adulto di riferimento e si è allontanato uscendo dal campo visivo dello studente. In caso di mancata risposta dopo 5 minuti l’adulto ha approcciato lo studente ripetendo i passi della task analysis necessari per chiedere aiuto utilizzando il cellulare. Anche in questo caso tutti gli studenti hanno acquisito la risposta target generalizzandola in setting differenti.

Un’altra abilità relativa alla sicurezza in luoghi pubblici consiste nel non seguire persone sconosciute che potrebbero approcciare lo studente (abduction-prevention skills).

Johnson et al. (2005) hanno esaminato l’efficacia di una procedura basata su Behavioral Skill Training (BST) e in situ training per insegnare queste abilità a 13 bambini pre-scolarizzati. I risultati hanno mostrato una acquisizione della risposta target da parte di tutti i bambini con mantenimento anche a 2 settimane, 1 mese e 3 mesi (tranne che per 3 bambini).

Gunby et al. (2010) hanno insegnato la stessa abilità, sempre utilizzando BST e in situ training. Il Behavioral Skill Training è un intervento multi-componente che comprende l’utilizzo di istruzioni, Modeling, simulazioni e feedback (Miltenberger, 2008). La risposta target insegnata è stata descritta come: a) rispondere “no” ad un approccio utilizzato come possibile esca per attirare lo studente, b) lasciare immediatamente l’area raggiungendo un posto sicuro (es. entrando in un negozio), c) riportare immediatamente l’accaduto ad un adulto di riferimento. Durante l’intervento gli autori hanno utilizzato il BST per insegnare risposte corrette a diversi tipi di “esche”:

  • Semplici (es. vieni con me)

  • Incentivanti (es. vieni a vedere l’XBOX che ho in macchina)

  • Autorevoli (es. tua mamma mi ha detto di venirti a prendere)

  • Con richiesta di aiuto (es. Mi aiuti a trovare un cerotto, mi sono tagliato)

Ogni sessione di BST è consistita nello spiegare cosa fare in caso di approcci con queste tipologie (dire no, correre, riferire) e nell’utilizzo di video nei quali sono stati mostrati i diversi tipi di approcci seguiti dal modeling degli stessi approcci tra 2 adulti. Successivamente lo studente ha ripetuto gli stessi scenari in role playing con l’adulto che forniva feedback in base alle risposte mostrate.

Nella fase di post training sono stati organizzati trials di approcci con le differenti tipologie di “esche”, presentati da adulti non conosciuti dagli studenti ma d’accordo con gli autori dell’articolo, e sono state valutate le risposte degli studenti.  Tutti gli studenti hanno acquisito le abilità target al termine dello studio.

Fisher et al. (2013) hanno replicato i risultati di Gunby et al. estendendoli a 5 adulti con disabilità intellettive. Anche in questo studio l’abilità è stata acquisita e mantenuta.

Si rimanda allo studio degli articoli originali per una analisi approfondita delle procedure di insegnamento e dei dati raccolti.

Bibligrafia

Bergstrom, R., Najdowski, A.C., Tarbox, J. (2012). Teaching Children With Autism To Seek Help When Lost In Public. Journal Of Applied Behavior Analysis 45, 191-195

Fisher, M. H., Burke, M. M., Griffin, M. M. (2013) Teaching Young Adults With Disabilities To Respond Appropriately To Lures From Strangers. Journal Of Applied Behavior Analysis 46, 528-533

Gunby, K. V., Carr, J. E., & Leblanc, L. A. (2010). Teaching Abduction-Prevention Skills To Children With Autism. Journal Of Applied Behavior Analysis, 43, 107–112. Doi: 10.1901/Jaba.2010.43-107

Johnson, B. M., Miltenberger, R. G., Egemo-Helm, K., Jostad, C. M., Flessner, C., Gatheridge, Brian (2005) Evaluation Of Behavioral Skills Training For Teaching Abduction-Prevention Skills To Young Children, Journal Of Applied Behavior Analysis 38, 67-78

Johnson, B. M., Miltenberger, R. G., Knudson, P., Egemo- Helm, K., Kelso, P., Jostad, C. M., & Langley, L. (2006). A Preliminary Evaluation Of Two Behavior Skills Training Procedures For Teaching Abduction-Prevention Skills To Schoolchildren. Journal Of Applied Behavior Analysis, 39, 25–34. Doi: 10.1901/Jaba.2006.167-04

Miltenberger, R. G. (2008). Behavior Modification: Principles And Procedures (4th Ed.). Pacific Grove, Ca: Thomson/Wadsworth.

Taber, T. A., Alberto, P. A., Hughes, M., & Seltzer, A. (2002). A Strategy For Students With Moderate Disabilities When Lost In The Community. Research And Practice For Persons With Severe Disabilities, 27, 141–152.

Taylor, B. A., Hughes, C. E., & Richard, E. (2004). Teaching Teenagers With Autism To Seek Assistance When Lost. Journal Of Applied Behavior Analysis 37, 79–82.

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Scritto da: Dr. Daniele Rizzi (BCBA®)

Il Dott. Daniele Rizzi è Psicologo ed Analista del Comportamento con certificazione BCBA dal 2011. Collabora con l’Associazione ALBA Onlus di Pescara seguendo come Supervisore i programmi di intervento ABA per bambini, adolescenti e giovani adulti con Disturbo dello Spettro Autistico ed altre disabilità. E’ Direttore Clinico del Centro Diurno per l’Autismo “Casa dei Sogni” a Pescara. Con l’Associazione ALBA è relatore in corsi di formazione rivolti a Docenti, Professionisti e Genitori ed ha collaborato all’organizzazione di seminari e workshop formativi tenuti da relatori internazionali in Abruzzo. E’ referente delle attività didattiche e docente presso i Master ABA organizzati dal Consorzio Universitario Humanitas e l’Università LUMSA. Ha presentato ricerche e contributi in convegni nazionali e internazionali. I suoi principali campi di interesse sono l’Analisi del Comportamento Verbale e l’insegnamento di abilità funzionali.