Cura compassionevole nel trattamento di analisi del comportamento: i risultati possono essere potenziati partecipando alle relazioni con i caregiver?

Taylor, B. A., LeBlanc, L. A., & Nosik, M. R. (2019). Compassionate care in behavior analytic treatment: Can outcomes be enhanced by attending to relationships with caregivers?. Behavior Analysis in Practice12(3), 654-666.

https://link.springer.com/article/10.1007/s40617-018-00289-3

In questo articolo, presentato all’Association for Behavior Analysis nel 2018, la Dott.ssa Bridget A. Taylor e colleghi si chiedono quanto le relazioni con i caregivers possano potenziare i risultati degli interventi implementati dagli analisti del comportamento.

In molti settori sanitari (ad es. medicina e servizi di salute mentale), le abilità di relazioni terapeutiche come l’empatia e la compassione  sono fortemente correlate alle seguenti variabili: soddisfazione del paziente, aderenza al trattamento, aumento della qualità delle informazioni raccolte dal paziente, esiti clinici migliori  (Derksen, Bensing, & Lagro-Janssen, 2013; Hojat et al., 2011; Kelley, Kraft-Todd, Schapira, Kossowsky, & Riess, 2014; Kirby, Tellegen, & Steindl, 2017; Riess, 2017; Weiss et al., 2017).

Relazione Con Cargiver

Considerando l’espansione di questa scienza negli ultimi 20 anni, in particolare nel trattamento dell’autismo, gli autori hanno osservato che l’insoddisfazione dei familiari nei confronti degli analisti del comportamento spesso deriva da competenze relazionali carenti.

La salute mentale e in generale le pratiche sanitarie hanno identificato alcune variabili inerenti la relazione clinica che rientrano nell’empatia e nella compassione. Nonostante la letteratura non analitico-comportamentale fornisca varie definizioni (ad es. Strauss et al., 2016), si ritiene che questi costrutti comprendano risposte specifiche e distinte, provocando effetti differenziali sui consumatori di sanità (Goetz & Simon-Thomas, 2017; Sinclair et al., 2016). La compassione implica dispiacersi per il dolore di un’altra persona ma non comporta necessariamente un’esperienza condivisa del dolore dell’altro. L’empatia, invece, è l’atto di essere in contatto con un’ altra esperienza personale mettendola in relazione con la propria.

Applicando tecniche di assistenza compassionevole, un analista del comportamento può identificare ed etichettare sia la sofferenza degli altri mediante il processo di perspective taking, sia le loro esperienze personali e quanto la sofferenza osservata possa riferirsi alla propria, potendo in seguito agire intenzionalmente al fine di alleviare la sofferenza del caregiver.

Esistono poche definizioni nell’Analisi del Comportamento di compassione ed empatia. L’abilità di assumere la prospettiva di un’altra persona, tuttavia, di prioritaria rilevanza per la risposta empatica e compassionevole, è radicata nella Relational Frame Theory  (RFT; Barnes-Holmes, Foody, Barnes-Holmes, & McHugh, 2013; Vilardaga, 2009) e clinicamente dimostrata nella Acceptance and Commitment Therapy (ACT; Hayes, Strosahl e Wilson, 2012; Tirsh, Schoendorff e Silberstein, 2014). Secondo la RFT, la prospettiva è possibile attraverso una serie di relazioni interpersonali di frame deittici (deictic frames): I-you, here-there, e now-then (vedi Barnes-Holmes et al., 2013).

Sulla base di questi dati, gli autori della presente ricerca hanno condotto un sondaggio con genitori di bambini con autismo in merito alle loro impressioni sulle abilità di relazione degli analisti del comportamento. Il sondaggio è stato creato utilizzando il Survey Monkey ed è stato distribuito tramite elenchi di posta elettronica, Facebook e selezionato da organizzazioni di advocacy dell’autismo.. Inoltre, i genitori che si sono imbattuti nel sondaggio, potevano distribuirlo ad altri genitori. Sono stati ricevuti e analizzati 95 sondaggi completati. Per valutare la percezione dei genitori delle variabili di relazione (ad es. “l’analista del comportamento scende a compromessi con me quando non siamo d’accordo”), sono stati presi degli elementi misurati su una scala da 1 (fortemente in disaccordo) a 5 (fortemente d’accordo).

Le tabelle 1, 2 e 3 dell’articolo originale presentano i risultati del sondaggio con domande raggruppate in tre aree: ascolto e collaborazione, empatia e compassione, comportamenti “negativi” degli analisti del comportamento che potrebbero tradursi in problematiche nell’ambito della relazione terapeutica.

Sebbene tali risultati debbano essere interpretati con cautela a causa delle dimensioni ridotte del campione, emerge che alcuni analisti del comportamento potrebbero presentare difficoltà in una serie di competenze relazionali di base. Data l’importanza di queste capacità in molteplici tipologie di trattamenti del settore sanitario, sarebbe opportuna una formazione specifica in modo coerente con i principi etici dei BCBA e i requisiti di formazione. Per un approfondimento, si rimanda alla lettura del codice di conformità professionale ed etica per gli analisti del comportamento (il Codice; BACB, 2016) e all’Elenco delle attività BACB (Elenco attività; BACB, 2014) che identificano l’importanza della relazione di collaborazione con la famiglia e il cliente.

Tenendo conto delle direttive etiche, diversi fattori possono contribuire alla difficoltà di costruzione e sostegno di efficaci relazioni terapeutiche con i genitori:

1) I programmi di formazione nell’analisi del comportamento potrebbero aver trascurato di integrare la formazione in queste abilità.

2) Le fonti di finanziamento possono ostacolare involontariamente lo sviluppo delle relazioni con le famiglie limitando il numero di ore che i professionisti possono trascorrere con le stesse. Tali fattori possono indurre gli analisti del comportamento a privilegiare gli aspetti tecnici dell’intervento rispetto allo sviluppo e al mantenimento delle relazioni.

3) La pressione dei limiti di tempo e i pesanti carichi di lavoro possono minare la costruzione della relazione. Ad esempio, i professionisti alle prime armi potrebbero non capire o riflettere sulla varietà, gamma e intensità delle risposte emotive che i genitori di bambini con autismo hanno (Fiske, 2017) e di conseguenza rispondere in modo sconsiderato, piuttosto che affrontarle attivamente per mitigarne le paure sottostanti. Scarse capacità relazionali possono anche essere attribuite alla mancanza di consapevolezza di quel comportamento in risposta al comportamento del caregiver. Se l’analista del comportamento diventa più efficace nel gestire le proprie emozioni in risposta al disagio dei genitori, il genitore può diventare fiducioso verso le decisioni del team in merito al trattamento.

Allo stesso modo, gli analisti del comportamento che non si impegnano nell’auto-compassione, potrebbero avere difficoltà ad estendere la compassione ad altri (Hayes et al., 2012; Neff, 2011).

Altri fattori interpersonali come fattori di stress sul lavoro e a casa, burnout generale e scarse capacità di coping possono creare barriere all’assistenza compassionevole.

Per superare gli ostacoli descritti, sarebbe opportuna una formazione completa nelle competenze rilevanti nella cura compassionevole ed empatica, così come si verifica in molteplici settori sanitari come la medicina (Derksen et al., 2013; Di Blasi, Harkness, Edzard, Georgiou, & Kleijnen, 2001; Fogarty, Curbow, Wingard, McDonnell e Somerfield, 1999; Hojat et al., 2011; Karver, Handelsman, Fields, & Bickman, 2006; Lown, 2016; Riess, 2015; Sinclair et al., 2016).

Il Contenuto del curriculum pubblicato per l’insegnamento dell’assistenza compassionevole e altri repertori per stabilire e mantenere con successo le relazioni terapeutiche sono disponibili principalmente in campo medico (ad es. Lown, 2016; Riess & Kraft-Todd, 2014; Windover et al., 2014; Winkle, Schwartz e Michels, 2017). Questi curricula offrono competenze, definizioni operative, obiettivi di intervento e risorse (vedere, come un esempio, Lown et al., 2014).

Curriculum e programmi di formazione per l’insegnamento di queste abilità agli analisti del comportamento sono tuttora inesistenti.

Inoltre, c’è un emergente corpo di ricerca che esamina gli effetti dell’insegnamento di autocompassione tramite ACT a genitori di bambini con autismo (Gould et al., 2017) e procedure per insegnare abilità mirate alla costruzione della relazione ai clinici che lavorano con bambini con autismo (Lugo, King, Lamphere e Paige, 2017).

L’obiettivo generale della formazione è di sensibilizzare all’ascolto alla consapevolezza di sé in modo che i rapporti con i caregivers possano procedere in modo positivo. La tabella 5 dell’articolo originale fornisce una descrizione di una potenziale formazione in competenze associate alla cura compassionevole e alla costruzione di relazioni terapeutiche con i caregivers. Pur non avendo avuto una valutazione empirica, questo curriculum fornisce un preliminare schema di base che potrebbe essere utilizzato per realizzare un curriculum di formazione personalizzato per le agenzie che forniscono programmi di formazione.

L’Analisi del Comportamento è rimasta indietro nello sviluppo delle abilità relazionali come parte della formazione professionale, forse per il giudizio storico di concetti come empatia e compassione, ritenuti troppo soggettivi per essere insegnati o esaminati sperimentalmente.

Tuttavia, l’importanza della percezione del trattamento da parte del cliente e della relazione tra il cliente e l’analista del comportamento sono stati riconosciuti come fattori rilevanti. Wolf (1978), ad esempio, ha indicato una misura importante della validità sociale dei trattamenti.

Il contenuto del curriculum delineato in questo articolo potrebbe essere formulato in un programma di formazione completo e valutato sperimentalmente. Misure di validità sociale potrebbero anche essere sviluppate per consentire ai caregivers di valutare il grado in cui è stata praticata la cura compassionevole nella pianificazione di interventi e cura dei propri figli e nelle interazioni con i familiari. Inoltre, la ricerca sistematica potrebbe, a lungo termine, valutare fino a che punto questa formazione migliora l’accettabilità del trattamento (Vazquez et al., 2018) e i risultati clinici per i clienti.

L’ attenzione alla salienza della relazione clinica può migliorare la validità sociale degli interventi e, al contempo, incidere positivamente sui risultati clinici.

Per un approfondimento, si rimanda alla lettura dell’articolo originale tratto dal “Behavioral Analysis in Practice”: “Compassionate Care in Behavior Analytic Treatment: Can Outcomes be Enhanced by Attending to Relationships with Caregivers?”

https://link.springer.com/article/10.1007/s40617-018-00289-3

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Scritto da: Dott.ssa Romina Tarquinio 

La dottoressa Romina Tarquinio è Psicologa con specialistica in indirizzo clinico dal 2007. Analista del Comportamento in formazione, collabora con l’Associazione Alba Onlus di Pescara dal 2012, sia svolgendo le proprie mansioni in domiciliare che al centro diurno La casa dei sogni. Ha lavorato e lavora con bambini e adolescenti. I suoi principali campi di interesse sono analisi funzionale e insegnamento di abilità funzionali..