Aumentare Gli Indici Di Felicità Nelle Persone Con Disabilità Multiple Profonde E Autismo

La crescente preoccupazione riguardo la promozione di una qualità di vita desiderabile per le persone con gravi disabilità intellettive, si riflette soprattutto nelle recenti indagini comportamentali sull’importanza della felicità. Sebbene ci siano molti aspetti nella qualità della vita, uno dei più individuabili è proprio la felicità (Dillon e Carr 2007).

La prima sfida che ci si trova davanti è quella di estrapolare una definizione operazionale di felicità e di infelicità valida per ogni persona, dal momento che possono essere diverse le manifestazioni a livello comportamentale per ognuna, soprattutto per coloro con ridotte abilità verbali.

I tre articoli in esame hanno strutturato le loro indagini partendo dal presupposto che alle definizioni operazionali degli indici, dovesse seguire una validazione degli stessi.

Aumentare Gli Indici Di Felicità Nelle Persone Con Disabilità Multiple Profonde E Autismo

Nello studio di Carolyn W. Green et al. (1996), tali indici sono stati operazionalizzati, misurati ed aumentati per 4 persone con disabilità profonde di età compresa tra 18 e 41 anni. I partecipanti non avevano nessuna competenza di comunicazione convenzionale e non erano in grado di soddisfare esigenze di base. Prima dello studio, è stata effettuata una valutazione delle preferenze con ogni partecipante per individuare gli stimoli con cui ognuno si era approcciato o che aveva evitato. Risposte di approccio (ad es. espressione facciale positiva, contatto continuato con lo stimolo) sono state usate come misure di preferenza. Risposte di evitamento (ad es. spingere via lo stimolo) sono state usate come misure di non preferenza.

In base a tali osservazioni, la felicità è stata definita come qualsiasi espressione facciale o vocalizzazione tipica in genere considerate un indicatore di felicità tra le persone senza disabilità, tra cui sorridere, ridere e urlare sorridendo. L’infelicità è stata definita come aggrottare le sopracciglia, fare smorfie, piangere e urlare senza sorridere. Lo studio consiste di 2 parti.

Nella prima, lo scopo era osservare e validare in modo affidabile gli indici di felicità e infelicità per valutare se i primi si sarebbero mostrati con maggior frequenza in presenza degli stimoli preferiti, mentre gli indici di infelicità sarebbero apparsi più frequentemente in maniera contingente alla presentazione degli stimoli meno preferiti. Attraverso le osservazioni e le sessioni condotte da uno sperimentatore in una prima fase, e della visione delle registrazioni delle stesse da parte di un team di esperti, in una seconda fase, queste ipotesi sono state confermate.

Nella seconda parte dello studio lo scopo era di dimostrare che gli indici di felicità potevano essere sistematicamente aumentati dallo staff, mediante un “programma divertente a tempo” articolato in tre componenti. Durante ogni condizione di intervento, si è verificata una tendenza di aumento nella frequenza degli indici di felicità, confermata da osservazioni di follow – up che hanno evidenziato un mantenimento degli indici di felicità ad un livello superiore rispetto a quello della baseline.  Nessun cambiamento coerente negli indici di infelicità si è verificato nelle condizioni sperimentali. In conclusione, i risultati dei due esperimenti suggeriscono che gli indici di felicità tra le persone con disabilità multiple profonde possono essere definiti, osservati e aumentati in modo sistematico.  

Un secondo studio condotto da Carolyn W. Green et al. (1997), ha replicato il precedente, aggiungendo un’analisi delle componenti al “Programma divertente a tempo”.

Quest’ultimo consisteva nella presentazione e nel ritiro contingente di stimoli definiti come preferiti in base ad un assessment delle preferenze e alle opinioni del personale. Il programma è stato implementato con tre studenti adulti di età compresa tra 28 e 41 anni. Gli indici erano definiti come nella ricerca precedente (vedi Green & Reid, 1996).

L’assessment delle preferenze e la selezione degli stimoli ha coinvolto la stessa procedura (vedi Green et al., 1988, 1991). Per ogni studente, l’implementazione del programma è stata accompagnata da un notevole aumento degli indici di felicità rispetto alla baseline. L’analisi delle componenti del programma divertente a tempo ha indicato due modelli generali di risultati. Innanzitutto, le attività che sono state determinate come preferite in base a valutazioni sistematiche, sono state accompagnate da un aumento dei livelli di felicità. Nel secondo modello generale di risultati, il livello degli indici di felicità che accompagnano le attività preferite basate sull’opinione del personale era discrepante rispetto al livello di felicità durante la baseline per i 3 studenti (nessun aumento significativo). Non si è evidenziato un aumento o una diminuzione rilevante degli indici di infelicità attraverso le sessioni. I risultati supportano quelli del primo studio di Green e Reid (1996).

Nel terzo studio, condotto da Marsha B. Parsons et al, si è perseguito lo stesso obiettivo, coinvolgendo tre uomini adulti con autismo non vocali. L’identificazione di indici individualizzati di felicità e infelicità per questa popolazione si è dimostrata indispensabile. Rispetto alle precedenti ricerche in cui il focus è stato posto su indici tradizionali (molto simili agli indici delle persone che non hanno disabilità), questa ricerca si è orientata verso indici individualizzati proprio per la difficoltà tipica delle persone con autismo ad esprimere affetti come la felicità nei modi convenzionali, e per la carenza di capacità comunicative.

Il processo sperimentale consisteva di tre componenti. In una prima fase, i caregivers hanno identificato indici individualizzati di felicità/infelicità per ogni partecipante, e indicato situazioni possibili in cui avrebbero potuto sperimentarli. Nella seconda fase, i partecipanti sono stati osservati nelle situazioni riportate, al fine di validare gli indici individuati dai caregivers. L’occorrenza degli indici è stata poi comparata attraverso le situazioni. Nella terza fase, finalizzata a validare gli indici, ai partecipanti è stata proposta una scelta tra due situazioni e i risultati sembrano supportare il processo di identificazione individualizzata degli indici. Infatti, tutti e tre i partecipanti hanno mostrato più indici di felicità nella situazione in cui era previsto che succedesse, sebbene la differenza fosse marginale per uno dei tre. Due di loro hanno anche mostrato più indici di infelicità nella situazione attesa. Il dato più rilevante è stato che tutti i partecipanti di fronte alla scelta hanno costantemente optato per la situazione nella quale in precedenza si erano dimostrati più felici. Osservazioni di follow-up condotte con un partecipante hanno indicato che gli indici di felicità sono rimasti costanti mentre quelli di infelicità non hanno mostrato differenze. Sebbene non fosse il focus di questa indagine, lo studio ha suggerito che gli indici tradizionali sembrano essere validi per alcuni adulti con autismo ma non per altri (Lattimore, Parsons e Reid, 2007).

Quello che emerge da questi studi è che è possibile definire in maniera operazionale un evento privato come la felicità e che, mediante un approccio comportamentale, il tempo in cui le persone possono sperimentare la felicità può essere aumentato e, in egual modo, quello di infelicità diminuito.

Si rimanda allo studio degli articoli originali per una analisi approfondita delle procedure utilizzate e della raccolta dei dati.

Bibliografia

Green, C. W., & Reid, D. H. (1996). Defining, validating, and increasing indices of happiness among people with profound multiple disabilities. Journal of Applied Behavior Analysis29(1), 67-78.

Green, C. W., Gardner, S. M., & Reid, D. H. (1997). Increasing indices of happiness among people with profound multiple disabilities: A program replication and component analysis. Journal of Applied Behavior Analysis30(2), 217-228.

Parsons, M. B., Reid, D. H., Bentley, E., Inman, A., & Lattimore, L. P. (2012). Identifying indices of happiness and unhappiness among adults with autism: potential targets for behavioral assessment and intervention. Behavior analysis in practice5(1), 15-25.

Scritto da: Dott.ssa Romina Tarquinio 

La dottoressa Romina Tarquinio è Psicologa con specialistica in indirizzo clinico dal 2007. Analista del Comportamento in formazione, collabora con l’Associazione Alba Onlus di Pescara dal 2012, sia svolgendo le proprie mansioni in domiciliare che al centro diurno La casa dei sogni. Ha lavorato e lavora con bambini e adolescenti. I suoi principali campi di interesse sono analisi funzionale e insegnamento di abilità funzionali..

Scritto da: Dott.ssa Francesca Agresta

Dott.ssa Francesca Agresta, Psicologa ad indirizzo clinico dal 2014 e Analista del comportamento in formazione. Lavora da anni come assistente scolastico all’autonomia e alla comunicazione con bambini con disabilità nella scuola dell’infanzia e primaria. Dopo aver svolto un tirocinio di 12 mesi presso l’Associazione Alba Onlus, attualmente vi lavora come terapista ABA, e si è occupata principalmente di bambine e ragazze adolescenti, sia in contesto domiciliare che presso il centro La casa dei sogni..